Le dimissioni di Allen Obama cambi strategia in fretta Il generale del corpo dei marines John Allen, già comandante delle forze armate americane in Afghanistan, ha lascito l’incarico di coordinatore della guerra all’Is. Le motivazioni di ordine familiare, lasciano trasparire il disagio nei confronti della politica della Casa Bianca. Sono troppe le incertezze dimostrate finora. Ora il presidente Obama sarebbe orientato ad una campagna militare più aggressiva contro i jihadisti che considera anche l'ipotesi di fornire armi e munizioni a un vasto gruppo di ribelli rifornito fino ad ora con solo armi non-letali e equipaggiamenti difensivi. Washington spera che i ribelli siriani combattano insieme alle forze curde per impedire il transito di armi e militanti tra la Siria e l’Iraq. E se invece i ribelli una volta armati si unissero all’Is? O se abbandonassero le armi al Califfo? È curioso come l’America confidi ancora sul codice della resistenza europea del secolo scorso durante la seconda guerra, come se l’esperienza in Afghanistan non contasse niente. Finora Obama non ha mai ritenuto possibile sconfiggere l'Is in Siria e a concentrato tutti i suoi sforzi in Iraq. È se sbagliasse? Un dubbio deve esserci a proposito anche alla Casa Bianca ancora indecisa sul da farsi. Continuare con la politica dei raid aerei nel Paese è fallimentare e lo si vede ogni giorno, ma compensarla armando i ribelli potrebbe essere addirittura suicida. Mentre Obama tergiversa, i satelliti statunitensi mostrano come i russi continuino a strutturarsi in Siria con uomini e mezzi. Il segretario di Stato Kerry ha espresso al ministro degli Esteri Sergey Lavrov le preoccupazioni degli Stati Uniti riguardo il sostegno militare di Mosca per il regime di Assad, responsabile della situazione di crisi e della radicalizzazione della rivolta. Washington teme una escalation ulteriore del conflitto, Mosca invece teme, come i francesi del resto e come il generale Allen probabilmente, che una coalizione di 60 paesi non serva assolutamente a niente, senza un contingente scelto in grado di combattere l’Is sul territorio e non su quello dove l’Is è più debole, quello iracheno, ma proprio dove è più forte, la Siria. È questo il principale problema, schiacciare l’Is, non il futuro Assad. Prima l’America se ne renderà conto, prima riusciremo a sconfiggere le milizie del Califfo. Altrimenti, invece che i 15 anni promessi da Obama, ne aspetteremo almeno trenta, il che significherebbe aver perso. Roma, 23 settembre 2015 |